In realtà Triora presenta già dalle origini alcuni aspetti magici che la caratterizzavano da secoli, a partire dal suo nome. “Triora” deriverebbe dal latino tria ora, cioè Tre Bocche, come le tre bocche di Cerbero, il cane infernale che Dante pone a guardia degli Inferi e che compare sullo stemma comunale di Triora. Inoltre, secondo la tradizione la chiesa detta della Collegiata, sorgerebbe su un precedente fanumpagano, mentre nelle vicinanze di Triora, al passo della Mezzaluna si erge un antichissimomenhir, testimonianza di precedenti culti pagani. Ma la curiosità maggiore la troviamo nella chiesa romanica di San Bernardino, nella quale è presente un affresco particolare di Giovanni Canavesio. Si tratta infatti di un Giudizio Universale con tanto di streghe ed eretici fatti a pezzi e bambini, morti senza ricevere il battesimo, posti sotto le gigantesche ali da pipistrello di un demone.
L'accusa più grave riguarda l'uccisione dei bambini. Le streghe di Triora erano accusate di eliminarli gettandoli alle streghe di Molini, paese posto un po' più in basso, giocandoci né più né meno a palla. Non solo: secondo gli accusatori le Bagiue si riunivano in luoghi particolari per danzare i Sabba e per lanciare maledizioni. Il luogo principe era proprio la Cà Botina (o Cabotina a seconda delle trascrizioni), un luogo al di fuori dell'abitato dove appunto si sarebbero svolti i rituali magici e i Sabba. Pare anzi che fosse proprio questo il luogo dove venivano decisi i malefici contro Triora e i suoi abitanti, una zona povera e isolata. Altre località frequentate dalle streghe, sempre fuori rispetto al centro abitato, erano la fontana di Campomauve e quella detta “della Noce”, posta nelle vicinanze di un grande albero di noce. Dentro al centro abitato, invece, si pensava che le streghe si dessero appuntamento dietro alla chiesa, nella via che ancora oggi si chiama “Dietro la chiesa”.
E qui si entra nel momento più buio nella storia di Triora, ottimamente ricostruito nelle sale del Museo Etnografico e della Stregoneria: quello delle torture, che ovviamene fecero il loro corso e altre donne vennero così imprigionate. Siamo arrivati così all'inizio del 1588 e cominciano ad arrivare anche le prime morti tra le donne. La popolazione di Triora mastica amaro, questo perchè le morti stanno gettando ombre sul processo appena iniziato, sia perchè le accuse ora toccano anche donne di ceto più alto.
Un caso emblematico è quello di Isotta Stella, una donna di sessanta anni a cui non venne risparmiata la tortura e infatti morì per le conseguenze riportate.
Ma lasciamo parlare gli atti del processo, raccolti dal comune di Triora per uno dei tanti convegni che vengono fatti per ricordare le tristi vicende del processo: “(Isotta Stella)…dopo essere stata tormentata più volte alla corda,nonostante che fusse vecchia più di anni sessanta,un giorno fra li altri quasi disperata,chiamato a sé il vicario di monsignor vescovo confessò aver complici di quanto era sospetta, perché indi a presso nodrita di pane e acqua, straciata di tormenti, se ne è morta in confessa et senza ordini di chiesa”. E non si pensi che fosse tutto qui.
Ecco infatti come gli stessi atti riportano come avvenivano le torture indiscriminatamente su tutte le donne: “con darli corda per lungo spatio e puoi fuoco alli piedi per longo spatio anchora;appresso le fanno vegliare per più d’hore quarantacinque incominciando dalla sera, oltre averle fatte con rupitorii pelare in tutte le parte del corpo; ne è questo populo redatto in desperatione maxime che s’intende che a quest’hora vi siino più di dugento persone nominate; e nel modo che sino a qui si è fatto, prima che si finisci saranno nominate la più parte del populo et forse tutta”.
Gli Anziani del villaggio cominciano a chiedere al Doge di fermare questa ferocia, accusando gli Inquisitori e il Parlamento locale. Si inizia a chiedere di liberare le incarcerate, prendendo come spunto proprio il fatto di una donna che morì in seguito a un tentativo di fuga effettuato gettandosi da una finestra. Ma nemmeno lei scampò alle torture:“si gettò giù d’un barcone altissimo et restò stropiata; et così stropiata fu fatta andare alla curia minacciandola darline (di bastonarla); e tre giorni dopo se ne è morta”.
A giugno a Triora arriva il nuovo podestà che ordina che le streghe fossero tradotte nelle carceri di Genova.
Nel frattempo a Triora arriva un commissario speciale, che non indaga solo nel paese, ma fa strage di streghe anche nei vici paesi di Castelvittorio, Montalto, Badalucco, Porto Maurizio e Sanremo. Iniziano a fioccare le prime condanne all'impiccagione e al conseguente incenerimento dei resti per alcune di queste donne. Le prime a salire sul patibolo sono Peirina di Badalucco e Gentile di Castelvittorio.
Ma a questo punto arriva il colpo di scena.
La situazione ora si fa un po' confusa, il processo langue, fino ad arrivare al febbraio del 1589 quando si dice che tre (o cinque) prigioniere sono morte in prigione. Si deve però attendere fino al 23 aprile, quando l'Inquisizione ordina di concludere il processo. A questo punto delle streghe di Triora non si sa più nulla: non si sa se sono state liberate e rimandate a casa o se sono morte in prigione.
L'Inquisizione E Le Streghe Di Triora : Download Ebook (In Italiano)
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